GRETA THUNBERG: PRESSIONE O PROPAGANDA?

A cura di Matteo Marcon

Negli ultimi quindici anni, complice l’evoluzione della tecnologia e delle modalità di comunicazione, il dibattito pubblico è stato interessato da fenomeni mediatici che rispetto al passato sono sempre più frequenti e impattanti.

Per cercare di comprendere quanto tale situazione possa produrre effetti sia positivi sia negativi sulla Società è opportuno provare ad approfondire uno di questi fenomeni, che ha avuto il merito di suscitare particolare interesse; stiamo parlando di Greta Thunberg, ragazza che ormai da diversi anni riesce a costruire sulla sua figura un’ampia fetta di consenso e una altrettanto rilevante di dissenso.

La grandezza del “fenomeno Greta” risiede sia nella sua portata, che ha raggiunto un livello di diffusione globale, tanto a livello popolare quanto a livello apicale (basti pensare al suo tormentato “rapporto” con l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump), sia nella sua durata nel tempo.

Greta: la sua storia

La storia di Greta Thunberg nasce infatti nell’agosto del 2015, quando all’età di 12 anni la ragazza dà il via a uno sciopero scolastico, sedendosi davanti alla Sede del Parlamento svedese per protestare contro l’inattività del Governo di Stoccolma contro i cambiamenti climatici.

Da lì, grazie al sapiente utilizzo dei social network e al conseguente interesse dei media “tradizionali”, la sua attività prosegue in un crescendo di attenzione, che raggiunge il suo apice nel 2019, quando più di un milione e mezzo di ragazzi in tutto il mondo aderiscono alla protesta dei Fridays For Future, organizzando degli scioperi scolastici ogni venerdì con al centro la questione climatica.

Contestualmente a Greta viene offerta l’opportunità di portare il proprio punto di vista in contesti di massimo prestigio internazionale, quali il World Economic Forum di Davos, il Parlamento Europeo e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Dalla pandemia… alle donne iraniane

La pandemia da COVID-19 del 2020 ha sicuramente ridimensionato il campo d’azione di Greta Thunberg e dei Fridays For Future, tuttavia la lotta dell’attivista contro i cambiamenti climatici non si è arrestata e ha assunto dei contorni più ampi e “maturi”: il sostegno alle donne iraniane contro il regime degli Ayatollah, al popolo ucraino contro l’invasione russa e alla popolazione indigena Sami della Novergia centrale contro l’installazione di due centrali eoliche nel loro territorio certifica di fatto l’evoluzione del suo attivismo a 360°; Non più solo ambiente e clima, ma anche parità di genere, geopolitica e sostegno ai più deboli.

Che considerazioni possiamo esprimere su questo fenomeno, e su tanti altri come questo? Che impatto può avere sull’Opinione Pubblica e sui decisori politici? A mio modesto avviso, trattasi di una materia da maneggiare con assoluta cautela.

Un attivista così efficace nella comunicazione delle sue battaglie ha senza dubbio il merito di sensibilizzare ciascuno di noi su tematiche spesso accantonate di fronte alle grandi questioni politiche ed economiche; ciononostante, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla “banalizzazione” delle questioni e dalla pressione che spinge i decisori politici ad assumere decisioni inefficaci e populiste, ma di forte impatto mediatico: basti pensare alle recenti direttive europee sullo stop dei veicoli con motore a scoppio, o sull’obbligo del raggiungimento di una predeterminata classe energetica da parte di tutti gli edifici, compresi quelli storici.

L’unica soluzione per tutelarsi da questo grave rischio è impedire che la democrazia degeneri in demagogia: un politico onesto e preparato ha il dovere di ascoltare chi porta avanti delle battaglie di giustizia, sia essa climatica, economica, sociale, etc., tuttavia è sua responsabilità anche quella di governare i cambiamenti, prendendo delle decisioni difficili, in taluni casi anche forti e impopolari, ma che in ogni caso rispettino determinati equilibri politici e sociali.

Questa sarà la vera sfida dei prossimi anni: non sarà l’attivismo, bensì l’adeguatezza della nostra classe dirigente a determinare il nostro futuro.

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